Che cos'è l'approccio a pacchetto e in che cosa consiste? Quali sono gli interessi offensivi e difensivi della Svizzera? Perché gli elementi istituzionali sono così importanti? L'approccio a pacchetto è complesso, ma la sua ampia organizzazione promuove un equilibrio di interessi.
FAQ Approccio «a pacchetto»
Approccio «a pacchetto»
La Svizzera è uno dei Paesi economicamente più forti e innovativi al mondo, anche grazie alle buone e regolamentate relazioni con l’UE fondate su accordi bilaterali: oggi in Svizzera un franco su tre è generato dagli scambi con l’UE. Tuttavia, queste relazioni sono diventate instabili e la situazione internazionale è sempre più incerta. Il Consiglio federale intende in ogni caso preservare la prosperità, la sicurezza, la competitività e la capacità innovativa del Paese.
Lo scopo dei nuovi negoziati è quindi stabilizzare e continuare a sviluppare le relazioni tra la Svizzera e l’UE nel lungo periodo. In concreto, il Consiglio federale si adopera affinché la Svizzera possa mantenere un accesso settoriale e privo di ostacoli al mercato interno dell’UE e possa ampliarlo in determinati ambiti di interesse (p. es. energia elettrica). Inoltre, vuole garantire che la ricerca svizzera rimanga a livelli di eccellenza, con un conseguente rafforzamento della capacità innovativa e della competitività dell’economia nazionale.
Il pacchetto è un insieme di vari elementi tematici, tra cui figurano nuovi accordi e soluzioni istituzionali, che il Consiglio federale e la Commissione europea hanno elaborato come parte integrante dei negoziati. Il pacchetto contempla argomenti che rispecchiano sia le esigenze della Svizzera sia le richieste della Commissione europea. Questo equilibrio favorisce la ricerca di compromessi e soluzioni.
Il pacchetto non si concentra su un singolo accordo dai contenuti piuttosto astratti, ma è fatto di diversi elementi concreti che costituiscono un insieme equilibrato. Le soluzioni istituzionali sono solo uno di questi elementi. Non rappresentano un quadro che racchiude tutti gli accordi di accesso al mercato interno (approccio orizzontale), bensì vengono regolamentate separatamente in ciascuno di tali accordi.
Il pacchetto è bilanciato e garantisce un buon equilibrio tra gli interessi, oltre a migliorare le probabilità di successo dei negoziati.
- sono stati eliminati i nodi e i rischi insiti nell’accordo istituzionale, in particolare per quanto riguarda la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE, la protezione dei salari e gli aiuti di Stato;
- il pacchetto non si concentra solo sulle soluzioni istituzionali, ma contiene diversi elementi di interesse per la Svizzera, quindi sono garantiti un maggiore equilibrio tra gli interessi e migliori probabilità di successo dei negoziati;
- gli elementi istituzionali vengono regolamentati settorialmente (anziché in maniera trasversale per tutti gli accordi di accesso al mercato interno, come nel caso di un approccio orizzontale). Di conseguenza si possono affrontare meglio e in modo più specifico le peculiarità dei singoli accordi di accesso al mercato interno;
- la competenza del Tribunale federale e di altri tribunali svizzeri è espressamente garantita;
- in caso di controversie su eccezioni che non riguardano nozioni del diritto dell’UE, il tribunale arbitrale decide in maniera indipendente e non viene interpellata la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE). La decisione finale su una controversia spetta sempre al tribunale arbitrale;
- la possibilità di sospendere un accordo in caso di controversia irrisolta non viene esplicitamente contemplata come misura di compensazione;
- a differenza dell’accordo istituzionale, non è prevista una «clausola ghigliottina».
Rispetto alla bozza dell’accordo istituzionale sono presenti vari miglioramenti:
- Energia elettrica: accordo di accesso al mercato interno
- Sicurezza alimentare: accordo di accesso al mercato interno (ampliamento dell’attuale Accordo agricolo)
- Sanità pubblica: accordo di cooperazione
- Futura partecipazione più sistematica della Svizzera ai programmi dell’UE nei settori della ricerca, dell’innovazione, della formazione, della gioventù, dello sport e della cultura (in particolare, associazione ai programmi Orizzonte Europa ed Erasmus+)
- Nuovo accesso parziale per la Svizzera al programma in corso Orizzonte Europa – nei settori della ricerca e dell’innovazione – dopo l’avvio dei negoziati
- il recepimento dinamico del diritto
- l’interpretazione e l’applicazione uniformi degli accordi
- il monitoraggio dell’attuazione
- la composizione delle controversie tra le parti
- Approccio equilibrato e settoriale con recepimento di norme dell’UE limitato a determinati accordi di accesso al mercato interno
- Inclusione di norme sugli aiuti di Stato negli accordi riguardanti il trasporto aereo e i trasporti terrestri come anche nel futuro accordo di accesso al mercato interno nel settore dell’energia elettrica
- Monitoraggio della Svizzera, autonomo e conforme alla sua Costituzione, delle regole relative agli aiuti di Stato
- Esclusione di settori critici, come il servizio pubblico o i trasporti pubblici all’interno della Svizzera
- Disponibilità della Svizzera a fornire in futuro un contributo regolare ad alcuni Stati membri dell’UE nell’intento di garantire stabilità e coesione, due requisiti fondamentali per il corretto funzionamento di un mercato interno da cui anche la Svizzera trae vantaggio
- Necessità di negoziare un nuovo meccanismo giuridicamente vincolante per un contributo svizzero regolare
- Intesa sul prossimo contributo svizzero da raggiungere nel quadro dei negoziati
Nuovi accordi
Partecipazione ai programmi dell’UE
Elementi istituzionali
Gli elementi istituzionali consentono di aggiornare e di applicare efficacemente gli accordi bilaterali di accesso al mercato interno, nel quale mirano a garantire l’omogeneità e la certezza del diritto. Tali elementi includono:
Gli interessi essenziali della Svizzera dovranno essere tutelati tramite eccezioni e altri strumenti, soprattutto nell’ambito della libera circolazione delle persone. Inoltre, sarà garantito il rispetto delle procedure previste dalla Costituzione svizzera (p. es. referendum) e dell’ordinamento costituzionale svizzero (p. es. federalismo, separazione dei poteri).
Aiuti di Stato
Contributo svizzero
Dialogo politico
Si dovrà raggiungere un accordo su un dialogo politico di alto livello che fungerà da strumento di gestione della via bilaterale e avrà il compito di:
a) coprire tutti i settori del pacchetto
b) consentire una regolare visione politica d’insieme delle relazioni bilaterali
Non si può parlare di programmi di liberalizzazione. La Svizzera partecipa a settori del mercato interno dell’UE rilevanti per il Paese, salvaguardando in tal modo i suoi interessi essenziali (p. es. in materia di immigrazione, protezione dei salari e servizio pubblico).
Esito dei colloqui esplorativi / Intesa comune
È un documento tecnico-diplomatico dei capidelegazione in cui sono riportati i risultati del processo esplorativo e nel quale figurano i possibili punti di convergenza in tutti i settori coperti dal pacchetto. Il documento non è di per sé vincolante. Il suo obiettivo è creare una base negoziale riducendo il rischio di un fallimento delle trattative.
- è stato elaborato un ampio pacchetto che comprende la conclusione di nuovi accordi nei settori dell’energia elettrica, della sicurezza alimentare e della sanità, e contempla la partecipazione ai programmi dell’UE allo scopo di stabilizzare e continuare a sviluppare la via bilaterale;
- gli elementi istituzionali (in particolare il recepimento dinamico del diritto e la composizione delle controversie) devono essere stabiliti nei singoli accordi di accesso al mercato interno nel contesto dell’approccio settoriale;
- il recepimento dinamico del diritto deve rispettare le procedure costituzionali della Svizzera e il funzionamento delle sue istituzioni, ed essere abbinato a un meccanismo di partecipazione all’elaborazione di atti normativi («decision shaping»);
- le eccezioni esistenti e quelle recentemente negoziate sarebbero tutelate di fronte a futuri sviluppi nell’UE (nessun obbligo di recepimento);
- per quanto riguarda la libera circolazione delle persone, (i) vengono limitate le ripercussioni sul sistema di aiuto sociale, (ii) vengono garantite le condizioni salariali e di lavoro a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, così come si prevengono distorsioni delle condizioni concorrenziali per proteggere le imprese con sede in Svizzera, e (iii) si evitano incompatibilità con la Costituzione federale;
- l’istanza principale per la composizione delle controversie continuerà a essere il comitato misto. In caso di mancata intesa in seno a quest’ultimo, le parti dovranno sottoporre il contenzioso a un tribunale arbitrale paritetico incaricato di decidere nel merito. Tale tribunale si rivolgerebbe alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) solo nei casi in cui la controversia sollevasse una questione concernente l’interpretazione di nozioni di diritto dell’UE e questa fosse necessaria e pertinente per la risoluzione della vertenza. L’interpretazione della CGUE sarà vincolante quando si tratta esclusivamente di diritto dell’UE. La decisione finale sulla controversia spetterà in ogni caso al tribunale arbitrale. Le competenze del Tribunale federale e dei tribunali cantonali rimangono assicurate;
- il monitoraggio, in particolare degli aiuti di Stato, è garantito da un modello a due pilastri, vale a dire che per la parte svizzera è effettuato da autorità svizzere.
È stato possibile individuare soluzioni per rimuovere gli ostacoli presenti nell’accordo istituzionale (in particolare in materia di immigrazione e aiuti di Stato). Le possibilità di riuscita dei negoziati sono di conseguenza maggiori.
Gli obiettivi del Consiglio federale sono stati raggiunti come illustrato di seguito:
- Il documento rende possibile l’avvio di negoziati, poiché mostra quali potrebbero essere le soluzioni accettabili per entrambe le parti. In questo modo, l’intesa comune trasmette alle parti una certa fiducia sul buon esito delle future trattative e riduce al contempo il rischio di un loro fallimento.
- Per il Consiglio federale era fondamentale formulare nel modo più specifico possibile i punti di convergenza in settori importanti. Ciò ha permesso di valutare se la prospettiva di nuovi negoziati con l’UE fosse promettente e vantaggiosa.
- L’intesa comune non è un documento giuridicamente vincolante. Questo suo carattere si riflette in particolare nel linguaggio utilizzato (p. es. scelta del condizionale «should» al posto dei consueti «shall» o «will» adoperati negli accordi internazionali vincolanti).
- L’intesa comune definisce i possibili punti di convergenza per i vari settori contemplati dal pacchetto e rappresenta il risultato dei colloqui esplorativi, non dei negoziati, attualmente in corso.
- Per settori sensibili (che hanno portato all’abbandono dei negoziati sull’accordo istituzionale) i punti di convergenza sono descritti in modo dettagliato. Per altri ambiti (come quelli dei nuovi accordi) sono invece presentati in maniera più generica.
- Mettendo per iscritto i possibili punti di convergenza, l’intesa comune agevola l’avvio dei negoziati aumentandone anche le prospettive di successo.
Negoziati
Gli obiettivi principali sono promuovere la prosperità e lo sviluppo sostenibile della Svizzera e tutelare la libertà e la sicurezza, come sancito dall’articolo 2 della Costituzione federale. L’approccio bilaterale è il modo migliore per raggiungere questo obiettivo nelle relazioni con l’UE, come ha riconosciuto il Consiglio federale (cfr. il rapporto «Stato delle relazioni Svizzera–UE»). Tra le varie opzioni (tra cui l’adesione all’UE, l’adesione allo Spazio economico europeo SEE e una relazione di puro libero scambio), la via bilaterale offre il miglior equilibrio tra margine di manovra politico e benefici di partecipazione. Grazie agli accordi bilaterali, la Svizzera partecipa al mercato interno dell’UE su base settoriale e prende parte a diversi programmi dell’Unione. L’approccio bilaterale ha dimostrato la sua validità e gode di un alto livello di accettazione da parte della popolazione svizzera. In linea con questi punti, il Consiglio federale intende stabilizzarlo e svilupparlo ulteriormente.
Consolidando e ampliando gli accordi sul mercato interno, il Consiglio federale intende continuare a garantire alle imprese svizzere un accesso personalizzato al mercato interno dell’UE. Intende anche assicurare la stretta integrazione della Svizzera nel sistema energetico europeo e migliorare la preparazione alle crisi nel settore sanitario. Un accordo con l’UE nell’ambito dell’approccio «a pacchetto» permetterà altresì alla Svizzera di partecipare ai programmi dell’UE (come il pacchetto Orizzonte) e darà a ricercatrici e ricercatori svizzeri come anche ad alunne e alunni, apprendiste e apprendisti, studentesse e studenti, insegnanti e altro personale educativo la possibilità di partecipare più sistematicamente ai futuri programmi dell’UE. Ne risulterà un miglioramento delle prospettive future della Svizzera come polo di ricerca, innovazione e formazione. Un punto critico, tuttavia, è rappresentato dal fatto che gli accordi sono statici, mentre l’acquis giuridico (acquis unionale) dell’UE è in continua evoluzione. Questa contraddizione potrà essere risolta in larga misura grazie ad adeguamenti istituzionali negli accordi sul mercato interno. In questo contesto l’attenzione si concentra sulle questioni relative al recepimento dinamico del diritto e alla composizione delle controversie, che dovrebbero essere regolamentate direttamente nei pertinenti accordi bilaterali di accesso al mercato interno.
Senza soluzioni istituzionali, infatti, l’attuale partecipazione al mercato interno verrebbe ridotta a poco a poco. Ciò significa che l’approccio bilaterale si sgretolerebbe gradualmente, la partecipazione al mercato interno si assottiglierebbe e le cooperazioni verrebbero interrotte. Il risultato non sarebbe quindi lo status quo, bensì una partecipazione sempre più limitata al mercato interno e minori cooperazioni, con conseguenti perdite e una crescente incertezza del diritto.
I negoziati tra la Svizzera e l’UE sono stati avviati il 18 marzo 2024 dalla presidente della Confederazione Viola Amherd e dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. All’incontro hanno partecipato anche i capi negoziatori di entrambe le parti.
I colloqui esplorativi sono colloqui tecnico-diplomatici svolti con la Commissione europea. I negoziati sono colloqui che hanno lo scopo di portare a un risultato vincolante sulla base di un mandato adottato dal Consiglio federale. Una volta completata la procedura di approvazione sul piano interno, i risultati dei negoziati sono giuridicamente vincolanti.
Fondamentalmente sì, poiché il Consiglio federale intende concretizzare le soluzioni abbozzate nel quadro dei colloqui esplorativi e affrontare le questioni irrisolte.
L’intesa comune è un documento tecnico-diplomatico elaborato dai capidelegazione. Non è giuridicamente vincolante e mira a creare una solida base per i negoziati che incrementi le possibilità di un risultato positivo.
L’intesa comune non regolamenta tutte le questioni con il grado di dettaglio necessario. Questo è compito dei negoziati.
In linea di principio, l’obiettivo in ogni settore è consolidare i risultati raggiunti a seconda del grado di dettaglio delle soluzioni delineate e affrontare le questioni ancora irrisolte. A questo proposito si veda la parte «Esito dei colloqui esplorativi».
- La struttura di politica interna per i negoziati è una continuazione dell’organizzazione del progetto esistente.
- Il comitato ristretto, il gruppo direttivo e il comitato consultivo (Sounding Board) continueranno a guidare e ad accompagnare l’attuazione interna del lavoro di politica estera. Questi organismi sono diretti dal capo del DFAE.
- Le discussioni di politica interna nei settori della protezione dei salari, dell’energia elettrica, dei trasporti terrestri e dell’immigrazione saranno portati avanti con le parti interessate, sotto la guida del dipartimento responsabile.
I vari elementi del pacchetto sono affrontati contemporaneamente sotto la direzione generale del capo negoziatore Patric Franzen, segretario di Stato supplente del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Ogni elemento del pacchetto viene specificamente negoziato in tandem dal capo negoziatore e dal negoziatore specialista in materia, rappresentante il dipartimento competente.
Un gruppo di lavoro interdipartimentale guidato dal segretario di Stato del DFAE Alexandre Fasel coordina i lavori svolti in Svizzera con quelli portati avanti in ambito negoziale. La struttura generale adottata nel settembre del 2022 resta invariata e continua a essere diretta dal capo del DFAE.
Struttura di politica interna
È anche nell’interesse della Svizzera trovare rapidamente una soluzione con l’UE. Tuttavia, il Consiglio federale intende trovare una soluzione duratura che tenga conto degli interessi essenziali del Paese e che possa essere sostenuta da una maggioranza politica interna. In ogni caso, la qualità rimane un obiettivo fondamentale.
Il Consiglio federale ha incaricato il Dipartimento federale di giustizia e polizia di presentare un’analisi giuridica della questione del referendum (obbligatorio o facoltativo), cui il pacchetto dovrà essere sottoposto in caso di esito positivo dei negoziati. Il Consiglio federale presenterà una proposta in tal senso all’Assemblea federale nell’ambito dell’adozione del messaggio sul pacchetto negoziale da sottoporre all’approvazione del Parlamento. A quest’ultimo spetterà in ogni caso la decisione finale.
Accordo sull’energia elettrica
In virtù della sua posizione geografica, la Svizzera è strettamente integrata nel sistema energetico europeo. La cooperazione con l’UE è fondamentale per rafforzare la stabilità della rete, la sicurezza dell’approvvigionamento e il commercio di energia elettrica.
L’UE è in procinto di creare un mercato interno europeo dell’energia elettrica. Sia l’UE che la Svizzera intendono decarbonizzare il loro sistema energetico entro il 2050. A tal fine servono un’ampia elettrificazione e un forte sviluppo delle energie rinnovabili. I flussi transfrontalieri di corrente elettrica sono in forte aumento. Per garantire la stabilità del sistema elettrico svizzero anche in futuro, è importante un’integrazione della Svizzera regolamentata a livello istituzionale.
Oltre a contribuire in modo fondamentale alla stabilità della rete e alla sicurezza dell’approvvigionamento, un accordo sull’energia elettrica presenta ulteriori vantaggi: la flessibilità dell’energia idroelettrica svizzera può essere sfruttata in modo ottimale sui mercati europei, mentre la certezza del diritto nei rapporti con l’UE facilita gli investimenti in impianti di produzione e reti di trasporto da parte degli operatori svizzeri in Svizzera e in Europa. La sfida della decarbonizzazione del sistema energetico svizzero entro il 2050 può essere affrontata in modo più semplice, sicuro ed economico se si collabora con l’Europa.
- Oggi le economie domestiche e le PMI sono limitate non solo nella scelta dei fornitori, ma spesso anche nella scelta della qualità dell’energia elettrica (origine e fonti rinnovabili). Una situazione destinata a cambiare con l’apertura del mercato.
- La concorrenza intensificherebbe la pressione sui fornitori di energia elettrica, che verrebbero spinti a proporre offerte migliori e più vantaggiose a economie domestiche e PMI. Attualmente la concorrenza esiste solo per i grandi clienti.
- L’apertura del mercato dell’energia elettrica offrirebbe a economie domestiche e PMI una maggiore scelta di prodotti innovativi (p. es. per quanto concerne la dinamicità dei prezzi, l’integrazione delle energie rinnovabili, le pompe di calore e la mobilità elettrica).
- L’apertura del mercato dell’energia elettrica consentirebbe la vendita e lo scambio di elettricità prodotta localmente («energia elettrica di quartiere») senza che debbano essere soddisfatti requisiti specifici.
I mercati dell’energia elettrica negli Stati membri dell’UE sono stati completamente aperti nel 2007. Al fine di garantire pari condizioni di concorrenza e tutelare i diritti di consumatrici e consumatori, l’UE chiede alla Svizzera di aprire completamente il mercato con un accordo sull’energia elettrica. Tuttavia, il testo dell’intesa comune stabilisce che la Svizzera può adottare misure per proteggere le economie domestiche e le piccole imprese attraverso un regime di servizio universale.
La Svizzera intende attuare l’apertura del mercato dell’energia elettrica secondo un modello opzionale. Ciò significa che le economie domestiche possono scegliere se continuare a beneficiare del servizio universale o se passare al libero mercato. Le economie domestiche e le PMI che optano per il libero mercato avranno inoltre la possibilità di tornare, a determinate condizioni, al servizio universale.
Sul libero mercato, le economie domestiche e le PMI possono beneficiare direttamente di prezzi dell’energia elettrica ridotti, che possono però anche aumentare rapidamente. Nell’ambito del servizio universale le tariffe rimangono invece regolamentate, il che protegge maggiormente le economie domestiche e le PMI da forti oscillazioni dei prezzi.
No. Nell’UE, la promozione delle energie rinnovabili è generalmente consentita. Inoltre, il nuovo strumento del «premio di mercato fluttuante» esiste già in alcuni Stati membri dell’UE (p. es. in Germania) ed è compatibile con un accordo sull’energia elettrica e con le disposizioni sugli aiuti di Stato in esso contenute.
L’economia svizzera dell’energia elettrica è quasi esclusivamente di proprietà pubblica. La proprietà pubblica è diffusa anche nel mercato interno dell’energia dell’UE e non pone problemi (cfr. aziende municipalizzate in Germania/Austria o EDF in Francia). Il diritto dell’UE consente anche misure di ristrutturazione/salvataggio di imprese in difficoltà.
Se una garanzia statale esplicita o implicita costituisca un aiuto di Stato o se sia lecita, dipende tuttavia dalla sua configurazione e occorrerebbe effettuare una verifica caso per caso.
Con oltre 40 linee elettriche transfrontaliere, la Svizzera è strettamente collegata alla rete elettrica dei Paesi limitrofi. Oggi, tutta l’Europa deve affrontare varie problematiche legate alla fornitura di elettricità. Un accordo sull’energia elettrica tra la Svizzera e l’UE può dare un contributo fondamentale alla loro risoluzione, disciplinando l’accesso della Svizzera al mercato interno dell’UE, riducendo al minimo i rischi e i flussi di energia elettrica non programmati e aumentando la sicurezza dell’approvvigionamento.
No. Secondo la normativa europea, i gestori di reti di distribuzione con più di 100 000 clienti devono essere legalmente separati dalle altre attività di produzione, commercio e fornitura. Per contro, non esistono norme che disciplinano la proprietà delle aziende di fornitura di energia elettrica o la loro privatizzazione. La legislazione svizzera sull’energia elettrica prevede già la separazione contabile dei gestori di rete e nello stesso tempo vieta le sovvenzioni trasversali per la gestione di reti e la fornitura di elettricità.
Attualmente in Svizzera operano circa 610 fornitori di energia elettrica integrati con un obbligo di fornitura per i 2136 Comuni svizzeri.
La digitalizzazione e gli incrementi dell’efficienza si stanno già traducendo in un «consolidamento del mercato». Ciò significa che i piccoli fornitori di energia elettrica locali si uniscono tramite fusioni o vengono acquisiti da società energetiche più grandi.
Con l’apertura del mercato, i fornitori di energia elettrica sarebbero esposti alla concorrenza per la fornitura di elettricità, che determinerebbe presumibilmente un’intensificazione del meccanismo di consolidamento. In tale ottica è possibile che i fornitori di energia elettrica molto piccoli si uniscano per formare un’azienda più grande a livello regionale al fine di posizionarsi in modo più professionale in vista dell’apertura del mercato.
La gestione della rete resta invece un monopolio anche con l’apertura del mercato dell’energia elettrica.
Anche la normativa UE in materia di mercato interno dell’energia elettrica consente misure nazionali per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, a patto che siano motivate. Diversi Stati membri dell’UE dispongono anche di centrali elettriche di riserva. La riserva di energia idroelettrica e le centrali elettriche di riserva in Svizzera sono state progettate tenendo conto delle disposizioni dell’UE. Inoltre, le riserve vengono impiegate solo in situazioni estreme e al di fuori del mercato per evitare distorsioni della concorrenza. La discussione sulla compatibilità delle riserve svizzere con il diritto dell’UE deve essere portata avanti nell’ambito dei negoziati sull’energia elettrica. È possibile che l’UE chieda di modificare la configurazione delle riserve in modo che siano compatibili con il diritto unionale.
L’UE sta sviluppando a ritmo sostenuto un sistema europeo legato alla diffusione dell’idrogeno e lo promuove attraverso vari strumenti, tra cui la politica industriale dell’UE, i fondi per l’innovazione, le reti energetiche transeuropee e i cosiddetti progetti di interesse comune (Projects of Common Interest). Il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo stanno attualmente ultimando un’iniziativa legislativa per regolamentare il mercato dell’idrogeno sulla base della normativa, già esistente, del mercato interno del gas dell’UE.
Il consumo di gas in Svizzera è basso rispetto a quello degli Stati membri dell’UE ed equivale all’incirca al consumo della città di Amburgo. Il mercato svizzero del gas è regolamentato in modo rudimentale. Il Consiglio federale presenterà al Parlamento, probabilmente nella seconda metà del 2024, un messaggio sulla regolamentazione del mercato del gas attraverso una legge sull’approvvigionamento di gas. Pertanto, includere l’idrogeno nell’accordo sull’energia elettrica sarebbe oggi una misura eccessiva. Nel mandato negoziale svizzero vi è però una disposizione che consente di estendere l’accordo sull’energia elettrica all’idrogeno («clausola evolutiva»).
All’inizio di marzo del 2024 il Consiglio federale ha adottato il mandato negoziale definitivo. Nello stesso periodo, il Consiglio dell’UE ha approvato il mandato dell’UE. I negoziati sono iniziati il 20 marzo 2024. La loro durata dipenderà, tra le altre cose, dalle richieste dell’UE ed è quindi difficile fare previsioni.
La maggior parte degli aiuti di Stato attuali nel settore dell’energia elettrica dovrebbe essere compatibile con il diritto dell’UE in materia di aiuti di Stato. È, per esempio, il caso delle misure per il potenziamento delle energie rinnovabili, come la rimunerazione per l’immissione di elettricità o i contributi d’investimento, che esistono – nella stessa forma o in una forma simile – anche negli Stati dell’UE.
Sicurezza alimentare
L’Accordo sul commercio di prodotti agricoli (Accordo agricolo) in vigore deve essere ampliato nel settore della sicurezza alimentare, che permetterebbe di rafforzare la cooperazione tra la Svizzera e l’UE lungo l’intera filiera alimentare. Con questa estensione l’accordo coprirebbe la maggior parte degli scambi di prodotti agricoli con l’UE.
L’obiettivo è creare un’area di sicurezza globale per la filiera alimentare con l’UE. Al fine di garantire a lungo termine la sicurezza dei prodotti agricoli e alimentari nel commercio comune e di proteggere consumatrici e consumatori da inganni e frodi, la Svizzera e l’UE intendono potenziare la collaborazione nel campo della sicurezza alimentare. L’accordo sulla sicurezza alimentare faciliterebbe anche la cooperazione per quanto riguarda l’autorizzazione di nuovi tipi di derrate alimentari (p. es. gli insetti come alimenti e mangimi).
L’accordo eliminerebbe gli attuali ostacoli tecnici al commercio nella filiera alimentare, in particolare per il commercio di alimenti a base vegetale (p. es. noci) e composti (p. es. cioccolato al latte con noci). Le condizioni per l’immissione sul mercato di alimenti di origine vegetale e i relativi controlli sarebbero reciprocamente riconosciuti. Ciò consentirebbe ai produttori svizzeri un migliore accesso al mercato interno dell’UE.
La Svizzera accederebbe non solo ai comitati e ai gruppi di lavoro pertinenti nonché alle valutazioni del rischio e ai sistemi di allerta dell’UE (p. es. protezione dagli inganni e sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi, RASFF), ma anche all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). In questo modo potrà partecipare alle discussioni tra la Commissione europea e gli Stati membri dell’UE nel settore della sicurezza alimentare. Non da ultimo, la Svizzera sarà integrata nelle procedure di autorizzazione dell’UE (p. es. nel caso di nuovi tipi di derrate alimentari) e potrà quindi accedere ai relativi dati.
Le eccezioni già previste nell’Accordo agricolo saranno salvaguardate. Laddove la Svizzera presenta un livello di protezione più elevato (p. es. protezione degli animali), questo verrebbe mantenuto.
Rispetto all’UE, la Svizzera possiede una legislazione più restrittiva sugli OGM sia nel settore alimentare che in quello delle sementi. L’eccezione esistente nell’Accordo agricolo per le sementi geneticamente modificate sarà mantenuta. Per quanto concerne gli alimenti OGM, invece, occorrerà negoziare nuove eccezioni, che non saranno soggette al recepimento dinamico del diritto.
L’attuale divieto di transito degli animali rimarrà in vigore anche con l’accordo sulla sicurezza alimentare. Inoltre la Svizzera cercherà di salvaguardare il livello di protezione degli animali nel caso in cui i propri requisiti siano più elevati di quelli dell’UE (nessuna riduzione).
No, anche l’attuale Accordo agricolo non prevede l’armonizzazione della politica agricola tra Svizzera e UE. Entrambe le parti potranno continuare a decidere liberamente come strutturare la politica agricola anche con l’entrata in vigore dell’accordo sulla sicurezza alimentare. Lo stesso vale per la vigente protezione doganale (cioè dazi e contingenti) per i prodotti agricoli, che la Svizzera potrà mantenere.
Accordo sulla sanità
Le crisi sanitarie valicano le frontiere. La pandemia di COVID-19 ha messo in luce l’importanza di un buon coordinamento e di una buona cooperazione a livello transfrontaliero. È quindi nell’interesse della Svizzera partecipare alle reti e ai meccanismi dell’UE per la gestione delle crisi e la prevenzione dei rischi sanitari transfrontalieri così da proteggere meglio la salute della popolazione. Senza un accordo sulla sanità con l’UE, la Svizzera non avrebbe un accesso sicuro ai meccanismi pertinenti, oltre al fatto che la cooperazione nel settore sanitario avverrebbe caso per caso (ad hoc) e sarebbe limitata a situazioni di crisi come quella generata dalla pandemia di COVID-19.
La Svizzera punta a un accordo con l’UE in materia di salute pubblica già dal 2008. L’obiettivo prioritario dell’auspicato accordo è rafforzare la cooperazione con l’UE nell’ambito della salute pubblica e consentire alla Svizzera di partecipare alle reti e ai meccanismi dell’UE per la gestione delle crisi come pure al programma pluriennale dell’UE in materia di salute. La Svizzera potrebbe così potenziare le proprie capacità di allerta rapida e di risposta e proteggere con maggiore efficacia la salute della popolazione. Una simile cooperazione è importante non solo nelle situazioni di crisi, ma anche in un’ottica di prevenzione.
- il comitato per la sicurezza sanitaria (CSS), che svolge un importante ruolo di coordinamento in materia di prevenzione, preparazione e risposta alle gravi minacce sanitarie transfrontaliere;
- il sistema di allarme rapido e di reazione (SARR), che costituisce uno strumento di valutazione e monitoraggio delle minacce alla salute pubblica e consente pertanto di definire misure che potrebbero essere necessarie per proteggerla;
- il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (CEPCM), che assiste i Paesi che vi aderiscono nella protezione dalle malattie trasmissibili e, in particolare, nell’individuazione precoce e nell’analisi delle minacce sanitarie.
Si tratta principalmente dei meccanismi seguenti:
Nel contesto della pandemia di COVID-19, la Commissione europea ha concesso alla Svizzera, su richiesta formale di quest’ultima, un accesso provvisorio e limitato ad alcuni meccanismi dell’UE per la gestione delle crisi, in particolare al CSS e al SARR. Nel luglio del 2023 la Commissione europea ha informato la Svizzera di aver revocato tale accesso. Il nostro Paese non può dunque più accedere a questi meccanismi e alle relative informazioni.
La Svizzera auspica un accordo incentrato sulla sicurezza sanitaria che continui a garantirle margine di manovra nell’organizzazione del proprio sistema sanitario.
L’accordo dovrebbe consentire alla Svizzera di partecipare alle reti e ai meccanismi dell’UE per la gestione delle crisi. Il Paese avrebbe così un accesso rapido alle informazioni e rafforzerebbe la propria capacità di allerta e di risposta a vantaggio di una migliore protezione della salute della popolazione.
L’auspicato accordo sulla sanità si focalizzerebbe sulla sicurezza sanitaria e, analogamente al progetto di accordo del 2018, sarebbe limitato alla partecipazione della Svizzera alle reti e ai meccanismi dell’UE rilevanti in questo settore, oltre che al CEPCM e al programma pluriennale dell’UE in materia di salute.
L’accordo potrebbe però prevedere la possibilità per la Svizzera e l’UE di estendere, in futuro, la loro cooperazione ad altri ambiti della sanità, qualora ciò sia nell’interesse di entrambe le parti (clausola evolutiva).
L’accordo sulla sanità non è un accordo sul mercato interno. Secondo il progetto delle linee guida dei negoziati, gli elementi istituzionali previsti per gli accordi sul mercato interno dovrebbero essere inclusi per analogia anche nell’accordo sulla sanità per assicurare che la Svizzera possa partecipare direttamente alle reti e ai meccanismi dell’UE nel campo della salute.
Programmi dell’UE
Al termine dei colloqui esplorativi sull’approccio «a pacchetto», alla fine di novembre 2023 la Svizzera e l’UE avevano avviato ulteriori colloqui incentrati su una partecipazione più sistematica del nostro Paese ai programmi dell’UE. Tali colloqui avevano riguardato anche l’associazione della Svizzera al pacchetto Orizzonte 2021–2027, che comprende Orizzonte Europa, il programma Euratom, l’infrastruttura di ricerca ITER e il programma Europa digitale. Nel marzo 2024 sono stati avviati i negoziati sull’associazione della Svizzera ai programmi dell’UE, quale parte del pacchetto complessivo.
- Regime transitorio 2024: una volta avviati i negoziati per il pacchetto complessivo, le ricercatrici e i ricercatori in Svizzera saranno ammessi al bando di concorso «Advanced Grant» 2024 del prestigioso Consiglio europeo della ricerca (CER). Questo regime transitorio è stato attivato all’inizio dei negoziati sul pacchetto complessivo nel marzo 2024.
- Regime transitorio 2025: non appena l’accordo specifico «Specific Agreement» (incluso il protocollo sul pacchetto Orizzonte 2021–2027) sarà stato parafato, gli attori in Svizzera avranno accesso ai bandi di concorso di Orizzonte Europa ed Euratom per l’anno di programma 2025 (ad eccezione degli ambiti «di autonomia strategica» per l’UE, come l’informatica quantistica e lo spazio). Nel luglio 2024, l’UE ha esteso l’accesso ad altri tre bandi CER: Starting Grant 2025, Synergy Grant 2025 eConsolidator Grant 2025. Nei negoziati, la Svizzera continua a sostenere la necessità di parafare il più rapidamente possibile l’accordo specifico, in modo da poter attivare l’accesso ai bandi 2025 di Orizzonte Europa e del programma Euratom.
Si tratta di un accordo con l’UE illimitato nel tempo e facente parte del pacchetto complessivo. Contiene le disposizioni generali per l’associazione della Svizzera come Paese terzo ai programmi dell’UE. La partecipazione vera e propria ai singoli programmi avviene sulla base di protocolli limitati nel tempo per ogni generazione di programmi inseriti nell’allegato all’accordo specifico.
Il Consiglio federale aveva adottato un mandato negoziale per Erasmus+ già all’inizio del 2021.Al termine dei colloqui esplorativi sull’approccio «a pacchetto», alla fine di novembre 2023 la Svizzera e l’UE avevano avviato ulteriori colloqui incentrati su una partecipazione più sistematica del nostro Paese ai programmi dell’UE. Durante questi colloqui sono stati chiariti anche i parametri chiave per un’associazione a Erasmus+.Nel marzo 2024 sono stati avviati i negoziati sull’associazione della Svizzera a Erasmus+ nell’ambito di quelli sul pacchetto complessivo.
Poiché il Consiglio federale deve sottoporre al Parlamento una decisione a parte per il finanziamento di tale associazione e dato che l’accreditamento di un’agenzia nazionale per l’attuazione del programma costituisce un prerequisito per l’avvio dello stesso, un’adesione sarebbe possibile al più presto dal 2026.
La partecipazione della Svizzera ai programmi europei di navigazione satellitare Galileo/EGNOS è regolata da un accordo di cooperazione a tempo indeterminato. Un accordo sulla partecipazione della Svizzera all’EUSPA fa parte del pacchetto complessivo. I negoziati sull’accesso al servizio Galileo criptato PRS potranno essere avviati in una seconda fase, dopo la conclusione dei negoziati EUSPA.
Il Consiglio federale mira a una partecipazione della Svizzera al programma Europa creativa dell’UE. L’associazione della Svizzera a Europa creativa presuppone l’armonizzazione della legislazione svizzera con la direttiva sui servizi di media audiovisivi dell’UE (direttiva AVMS). Da parte svizzera non esiste ancora un mandato negoziale.
I costi delle partecipazioni ai programmi saranno quantificabili solamente una volta chiarito a quali programmi la Svizzera aderirà e come saranno configurate concretamente le singole associazioni.
Soluzioni istituzionali
Si tratta del recepimento dinamico del diritto, dell’interpretazione e dell’applicazione uniformi degli accordi, del relativo monitoraggio e della composizione delle controversie.
Le soluzioni istituzionali riguardano gli accordi sul mercato interno negli ambiti seguenti: libera circolazione delle persone, agricoltura, trasporti terrestri, trasporto aereo e MRA (abolizione degli ostacoli tecnici al commercio). A questi, con il pacchetto si aggiungono accordi nel campo dell’energia elettrica e della sicurezza alimentare.
- Garantiscono che a tutti i partecipanti al mercato interno si applichino le stesse regole.
- Consentono di aggiornare regolarmente gli accordi sul mercato interno.
- Assicurano che gli accordi siano efficaci e affidabili a lungo termine.
- Rafforzano la certezza del diritto e la prevedibilità nel mercato interno, un aspetto essenziale soprattutto per gli attori economici svizzeri.
No, il recepimento dinamico del diritto si applica solo agli atti giuridici dell’UE che rientrano nel campo di applicazione degli accordi sul mercato interno e non sono interessati da un’eccezione.
L’interpretazione e il monitoraggio degli accordi sul mercato interno dovrebbero avvenire secondo il cosiddetto «modello a due pilastri»: la Svizzera e l’UE opererebbero in modo autonomo nel rispettivo territorio. Di conseguenza, il diritto svizzero continuerebbe a essere interpretato dai tribunali svizzeri, così come il diritto dell’UE dai tribunali dell’UE, solitamente dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE).
In caso di recepimento del nuovo diritto sul mercato interno dell’UE, le procedure costituzionali, tra cui anche la possibilità del referendum, sarebbero garantite. La Svizzera si impegnerebbe ad attuare un recepimento dinamico del diritto esclusivamente per quanto riguarda gli accordi sul mercato interno. «Dinamico» non vuol dire «automatico»: la Svizzera deciderebbe autonomamente su ogni recepimento e adotterebbe le leggi e i regolamenti dell’UE secondo il proprio iter, eventualmente anche tramite referendum.
Infine, in riferimento al recepimento del diritto verrebbero definite eccezioni non soggette agli sviluppi del diritto dell’UE.
Diritto di partecipare: la Svizzera avrebbe il diritto di partecipare all’elaborazione degli atti normativi dell’UE se questi la riguardano direttamente («decision shaping»).
Anche in futuro la composizione delle controversie avverrebbe innanzitutto in seno a un comitato politico misto dell’accordo interessato. Solo in caso di mancato raggiungimento di un consenso la questione controversa verrebbe trattata da un nuovo tribunale arbitrale paritario.
Questo tribunale arbitrale avrebbe l’ultima parola in ogni divergenza politica non appianata tra la Svizzera e l’UE. Per quanto riguarda le regole del mercato interno, il tribunale arbitrale dovrebbe interpretare il diritto dell’UE. A tal fine potrebbe consultare la CGUE a due condizioni: in primo luogo, la controversia deve riguardare questioni attinenti al diritto dell’UE; in secondo luogo, stando al tribunale arbitrale l’interpretazione di tale diritto deve essere pertinente e necessaria per giudicare il caso controverso. Tuttavia, la controversia in sé verrebbe sempre giudicata dal tribunale arbitrale, in quanto la CGUE non potrebbe prendere decisioni.
- Gli elementi istituzionali sarebbero integrati ad hoc in ogni singolo accordo sul mercato interno secondo un approccio settoriale.
- La competenza del Tribunale federale e dei tribunali svizzeri per quanto riguarda l’interpretazione del diritto svizzero verrebbe espressamente mantenuta.
- La composizione delle controversie legate a eccezioni che non implicano nozioni giuridiche dell’UE sarebbe di competenza esclusiva del tribunale arbitrale; la CGUE non avrebbe espressamente alcun ruolo in proposito. La decisione finale su una controversia spetterebbe sempre al tribunale arbitrale.
- La possibilità di sospendere un determinato accordo in caso di controversia irrisolta non sarebbe esplicitamente contemplata come misura di compensazione.
L’ordine costituzionale della Svizzera, il funzionamento delle sue istituzioni e i principi insiti nella democrazia diretta, nel federalismo e nell’indipendenza del Paese saranno garantiti anche con il recepimento dinamico del diritto. In particolare verranno rispettate le competenze costituzionali di Confederazione, Cantoni, Comuni come pure quelle del Parlamento e del Popolo.
Il recepimento dinamico del diritto implica la facoltà di partecipare all’elaborazione degli atti normativi dell’UE («decision shaping»). La Svizzera potrà quindi prendere parte allo sviluppo del diritto dell’UE che la riguarda, già nella fase iniziale (p.to 6.5 del mandato negoziale definitivo dell’8 marzo 2024). Inoltre, anche in futuro potrà cercare di esercitare la propria influenza facendo leva sui Paesi dell’UE aventi vedute affini.
Secondo il punto 6.8 del mandato negoziale definitivo adottato tramite decreto federale dell’8 marzo 2024, la Svizzera mira a stabilire una cooperazione parlamentare tra l’Assemblea federale e il Parlamento europeo. Questo tema è ora oggetto dei negoziati.
Durante i negoziati, il Consiglio federale riferirà periodicamente al Parlamento secondo le disposizioni di legge. Al termine del processo negoziale, il Consiglio federale sottoporrà i risultati all’approvazione del Parlamento.
I vigenti diritti di informazione e consultazione del Parlamento saranno rispettati anche nell’ambito della futura partecipazione all’elaborazione degli atti normativi dell’UE («decision shaping»). Se necessario, questi potrebbero essere specificamente rafforzati in tal senso. In questo caso sarebbe tuttavia una questione di politica interna. All’occorrenza la nuova sottocommissione per le questioni europee costituita dal Consiglio nazionale il 14 marzo 2024 (sulla base di un rapporto della sua Commissione della politica estera del 19 giugno 2023) potrà avanzare proposte in merito.
Nell’effettivo recepimento dei nuovi atti normativi dell’UE, le competenze del Parlamento menzionate sopra rimarranno invariate.
No.
La composizione delle controversie continuerebbe ad avvenire innanzitutto in seno a un comitato politico misto. Solo in caso di mancato raggiungimento di un’intesa la questione potrebbe essere deferita a un tribunale arbitrale paritario.
Paritario significa che la Svizzera e l’UE vi sono rappresentate in egual misura.
Questo tribunale arbitrale avrebbe l’ultima parola in qualsiasi controversia tra le due parti e per l’interpretazione del diritto dell’UE o della Svizzera terrebbe conto della rispettiva giurisprudenza.
Per quanto riguarda le regole del mercato interno, il tribunale arbitrale dovrebbe interpretare il diritto dell’UE. A tal fine potrebbe consultare la CGUE a due condizioni:
1. la controversia deve riguardare questioni attinenti al diritto dell’UE;
2. stando al tribunale arbitrale, l’interpretazione di tale diritto deve essere pertinente e necessaria per giudicare il caso controverso.
Tuttavia, la controversia in sé verrebbe sempre giudicata dal tribunale arbitrale, in quanto la CGUE non potrebbe prendere decisioni.
No. Le misure di compensazione servono – come suggerisce il nome – a compensare i danni causati da un comportamento che viola l’accordo stipulato. Non si tratta di misure di carattere punitivo.
Conformemente al diritto internazionale pubblico, le misure di compensazione sarebbero peraltro possibili anche in assenza di un accordo esplicito.
Questa soluzione ha il vantaggio di garantire una maggiore certezza del diritto. Le misure di compensazione sarebbero limitate agli accordi sul mercato interno e dovrebbero essere proporzionate. La Svizzera potrebbe richiedere una verifica della proporzionalità da parte del tribunale arbitrale, il che rappresenterebbe un miglioramento rispetto alla situazione attuale.
Questa soluzione esclude le misure di compensazione per eventuali violazioni di un accordo sul mercato interno al di fuori dell’ambito di questo tipo di accordi (p. es. nel settore della partecipazione ai programmi). Inoltre, è anche nell’interesse della Svizzera che eventuali misure di compensazione non siano limitate unicamente all’accordo sul mercato interno in questione, poiché è anche possibile che in futuro la Svizzera possa decidere di adottare a sua volta misure di questo tipo. In questo caso, sarebbe nell’interesse del Paese avere un margine di manovra che gli consenta di adottare misure efficaci.
Tutte le divergenze tra la Svizzera e l’UE o i suoi Stati membri in merito all’interpretazione e all’applicazione degli accordi sul mercato interno possono essere trattate nell’ambito del meccanismo di risoluzione delle controversie. Questo meccanismo rimane tuttavia intergovernativo, vale a dire che non si applica ai rapporti tra individui e aziende o tra un’azienda e uno Stato.
Questo sistema assicurerebbe una maggiore certezza del diritto. Nel sistema attuale, infatti, nessuna istanza ha la facoltà di decidere in merito alle controversie e di risolverle. Inoltre, verrebbero salvaguardati gli interessi essenziali della Svizzera.
La certezza del diritto migliorerebbe grazie all’obbligo di recepimento dinamico del diritto e a una procedura giudiziaria di composizione delle controversie. In questo modo sarebbe chiaro quali disposizioni trovano applicazione e le controversie non resterebbero irrisolte per anni.
Immigrazione / Direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE
Prevedendo eccezioni e procedendo ai necessari chiarimenti è possibile tenere conto delle specificità della Svizzera. Tra queste figurano la Costituzione federale, il livello relativamente alto dei salari svizzeri e le buone prestazioni sociali.
La Svizzera si impegna a recepire il diritto dell’UE nel settore della libera circolazione delle persone, ma l’accesso al sistema di sicurezza sociale rimane soggetto a condizioni e in Svizzera vengono mantenute le condizioni salariali e lavorative. Nell’ambito dei colloqui esplorativi, la Svizzera e l’UE hanno discusso su come rendere il recepimento della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE compatibile con la Costituzione federale e con gli obiettivi della politica migratoria della Svizzera.
La direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE non era stata menzionata nella bozza di accordo istituzionale. Presumibilmente, solo nel contesto di una procedura di composizione delle controversie secondo l’apposito meccanismo previsto nella bozza di accordo istituzionale sarebbe stato possibile comprendere chiaramente in che misura la Svizzera si sarebbe impegnata a recepire la direttiva nel quadro di tale accordo. Gli ultimi colloqui esplorativi con l’UE hanno permesso di chiarire le condizioni per un recepimento e di tenere conto delle specificità svizzere. Ciò garantisce la certezza del diritto.
Per quanto riguarda i principi fondamentali della libera circolazione delle persone, cambierebbe poco. L’immigrazione di lavoratrici e lavoratori dai Paesi UE rimarrebbe legata al mercato del lavoro. Anche in caso di recepimento della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE, chiunque volesse soggiornare in Svizzera per un periodo prolungato dovrebbe in linea di principio esercitare un’attività lucrativa o disporre di risorse proprie sufficienti. Il 90 % di tutte le persone che oggi si trasferiscono in Svizzera nell’ambito dell’ALC è rappresentato da persone che esercitano un’attività lucrativa e dai loro familiari. Questa situazione rimarrebbe invariata anche in caso di recepimento della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE.
- Nel caso delle cittadine e dei cittadini UE, è possibile che i tempi per un’eventuale revoca del diritto di soggiorno prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente siano più lunghi. Per esempio, la sola disoccupazione prolungata non costituisce più un motivo per revocare il diritto di soggiorno.
- Un altro esempio è il soggiorno di breve durata fino a tre mesi. La direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE stabilisce infatti che questo tipo di soggiorno deve essere incondizionato, cioè senza la necessità di soddisfare le condizioni previste ai fini del diritto di soggiorno.
La direttiva sulla libera circolazione delle persone concede alle cittadine e ai cittadini delle parti contraenti diritti aggiuntivi in determinati casi.
· Per esempio, chi risiede legalmente in un altro Stato membro per cinque anni acquisisce un diritto di soggiorno permanente. Questa è una novità. Tuttavia, un’eccezione specifica per la Svizzera garantisce che il diritto di soggiorno permanente non possa essere acquisito in caso di dipendenza prolungata dall’aiuto sociale.
Si tratta di miglioramenti mirati per le persone aventi diritto alla libera circolazione in Svizzera e nell’UE e di cui beneficerebbero anche le cittadine e i cittadini svizzeri nei Paesi UE. Inoltre, l’esito dei colloqui esplorativi tiene conto delle specificità della Svizzera. È importante notare che il diritto di soggiorno permanente continuerebbe a essere riservato alle persone che esercitano un’attività lucrativa e ai loro familiari. Le persone che non esercitano un’attività lucrativa, come pensionati o studenti, non acquisirebbero tale diritto.
In linea di principio, si applica la stessa disposizione legale prevista nell’ambito dell’ALC in vigore: solo chi dispone di mezzi propri sufficienti oppure viene assunto o esercita un’attività lucrativa può rimanere in Svizzera più a lungo. Già oggi chi lavora in un settore a basso salario e non guadagna abbastanza per mantenere se stesso e la propria famiglia può ricevere un aiuto sociale integrativo.
L’immigrazione è spinta dalla domanda di manodopera. L’economia svizzera dipende dalle lavoratrici e dai lavoratori europei qualificati. Anche se la libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE non può eliminare completamente il problema della carenza di manodopera, contribuisce a ridurla. Per la Svizzera la libera circolazione delle persone è indispensabile affinché, alla luce anche del cambiamento demografico, le imprese svizzere possano reclutare manodopera all’estero senza lungaggini burocratiche per integrare il potenziale di manodopera locale. E non bisogna dimenticare che, grazie alla libera circolazione delle persone, anche le cittadine e i cittadini svizzeri possono vivere e lavorare nell’UE. Alla fine del 2022, le Svizzere e gli Svizzeri all’estero residenti nell’area UE erano circa mezzo milione.
Sì. Per il Consiglio federale è cruciale che venga rispettato l’articolo 121 della Costituzione federale. Nei colloqui esplorativi si è discusso di come tenere conto di questa preoccupazione della Svizzera. In linea di principio, la Svizzera non dovrebbe adottare nessuna disposizione della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE che vada oltre quanto previsto nell’ALC in questo settore. Potrebbe pertanto, sempre in linea di principio, continuare a seguire la sua prassi attuale. Si tratta di un’importante concessione alla Svizzera da parte dell’UE.
Nel quadro dell’attuazione dell’iniziativa «Contro l’immigrazione di massa», il Parlamento ha deciso di introdurre l’obbligo di annunciare i posti di lavoro vacanti nei generi di professioni con un tasso di disoccupazione elevato. Questo aspetto è stato preso in considerazione nei colloqui esplorativi.
Peraltro, il recepimento della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE non estenderebbe il gruppo di persone autorizzate a stabilirsi in Svizzera, che resterebbe praticamente invariato rispetto a quello attuale. Nell’ambito del ricongiungimento familiare, per esempio, la direttiva prevede che i partner registrati siano equiparati ai coniugi e tale parità è già contemplata dal diritto svizzero. Inoltre, la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE mira soprattutto a rafforzare i diritti delle persone che possono già beneficiare della libera circolazione.
Abbiamo tutte le ragioni per presumere che la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE, da sola, influirebbe soltanto in misura minima sull’immigrazione totale, che continuerebbe a essere determinata principalmente dal mercato del lavoro.
Per il Consiglio federale è cruciale proteggere le condizioni salariali e lavorative svizzere. In linea di principio, la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE rafforza i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Infatti, sebbene quest’ultima preveda che i soggiorni di breve durata (fino a tre mesi) non debbano in linea di principio essere subordinati a condizioni, in base all’esito dei colloqui esplorativi l’attuale procedura di notifica per attività lucrativa di breve durata potrebbe essere mantenuta. Inoltre, la Svizzera potrebbe, a determinate condizioni, introdurre un obbligo di notifica per le lavoratrici e i lavoratori indipendenti, al fine di evitare che venga elusa la disposizione che limita la libera prestazione di servizi a 90 giorni per anno civile. Le procedure di notifica consentono di svolgere i controlli sul mercato del lavoro, che sono importanti per garantire la protezione dei salari.
No. La direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE non contiene alcuna prescrizione sui diritti politici, in particolare sul diritto di voto attivo o passivo. Si può quindi escludere che alle cittadine e ai cittadini UE debbano essere concessi diritti politici in Svizzera in virtù della direttiva.
Protezione dei salari
Sì, esiste. Per garantire la tutela dei diritti e delle condizioni di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori distaccati in tutto il territorio dell’Unione e assicurare pari condizioni di concorrenza, il diritto dell’UE contiene una serie di norme vincolanti sulle condizioni di lavoro e di occupazione del personale distaccato.
Queste norme sono raccolte nella direttiva sul distacco dei lavoratori adottata nel 1996 e rivista nel 2018. Nel 2014 è stata anche emanata una direttiva di applicazione, allo scopo di migliorare l’attuazione delle disposizioni in questione e garantirne l’esecuzione negli Stati membri. L’UE dispone di una serie di misure, come controlli, sanzioni e forme di responsabilità solidale, applicate anche in Svizzera a protezione dei salari e delle condizioni di lavoro.
Da una parte, tramite il principio che sancisce «salario uguale per un lavoro di uguale valore svolto nello stesso luogo»: le imprese che distaccano lavoratrici e lavoratori sarebbero tenute a rispettare le norme in vigore in Svizzera sulla retribuzione del personale anche se si tratta di personale distaccato.
Dall’altra, tramite il sistema di esecuzione duale nel caso delle misure di accompagnamento: le parti sociali (commissioni paritetiche) e i Cantoni continuerebbero a controllare il rispetto delle condizioni salariali e lavorative. Le parti sociali potrebbero inoltre continuare ad applicare le sanzioni eventualmente previste nei loro contratti collettivi di lavoro (CCL).
La Svizzera potrebbe fissare, per le imprese che distaccano personale e per i prestatori di servizi autonomi in settori ad alto rischio, come l’edilizia, un termine di notifica preliminare al fine di pianificare e svolgere in modo efficace i controlli. Potrebbe anche definire autonomamente i settori a rischio e la densità dei controlli.
Inoltre, la Svizzera potrebbe richiedere alle imprese che non avessero pagato una sanzione legata a precedenti violazioni della tutela dei salari, di versare una cauzione prima di poter lavorare nuovamente in Svizzera. In caso di mancato versamento della cauzione, l’impresa potrebbe essere sanzionata. In queste situazioni si potrebbe anche arrivare a imporre un divieto di entrata in Svizzera (divieto di prestare servizi).
Nel caso di un controllo, i prestatori di servizi autonomi sarebbero infine tenuti a dimostrare il proprio statuto di indipendenti sulla base di una serie di documenti.
Nel quadro dell’ulteriore sviluppo delle relazioni tra la Svizzera e l’UE, la Svizzera sarebbe tenuta a recepire le pertinenti disposizioni del diritto dell’UE sul distacco dei lavoratori.
Tuttavia, se future modifiche alle direttive europee o nuove disposizioni UE sul distacco di lavoratori dovessero abbassare il livello di tutela, con la clausola di non regressione la Svizzera non sarebbe obbligata ad adottare le modifiche o le nuove disposizioni. La clausola rappresenterebbe dunque una salvaguardia del livello di protezione svizzero. Con la conclusione del pacchetto con l’UE, un peggioramento delle tutele non sarebbe pertanto più possibile.
La bozza di accordo istituzionale non prevedeva la definizione autonoma dei settori a rischio e della densità dei controlli, né il divieto di prestare servizi a seguito del mancato versamento della cauzione nei casi di recidiva. Non era inoltre prevista una clausola di non regressione o di salvaguardia del sistema di controllo duale svizzero. Un’altra novità è rappresentata dalla possibilità di adottare ampie misure di compensazione nazionali volte a salvaguardare l’attuale livello di protezione dei salari. Tali misure sono state individuate con il coinvolgimento delle parti sociali e dei Cantoni e sono in fase di elaborazione.
Secondo la riveduta direttiva UE sul distacco dei lavoratori, il datore di lavoro è tenuto a rimborsare le spese di viaggio, vitto e alloggio conformemente alle norme in vigore nel Paese d’origine. Ciò significa che in futuro per il personale distaccato in Svizzera si applicherebbero le regole del corrispondente Paese d’origine dell’UE e non quelle svizzere. Nell’ambito dei negoziati la Svizzera e l’UE discuteranno ancora su questo tema per individuare soluzioni che rispettino il principio «salario uguale per un lavoro di uguale valore svolto nello stesso luogo» e garantiscano pari condizioni di concorrenza.
Proseguiranno anche i colloqui con gli attori interessati in Svizzera. L’obiettivo è giungere a una regolamentazione soddisfacente che assicuri l’attuale livello svizzero di protezione dei salari.
Per la Svizzera è prevista la possibilità di introdurre alcune misure di accompagnamento specifiche nei campi in cui non esistono già misure analoghe a quelle presenti nella legislazione UE in vigore (in questi casi non sarebbero invece necessarie ulteriori garanzie a tutela dei salari). Il Consiglio federale, i Cantoni e le parti sociali concordano in ogni caso sull’esigenza di adottare ulteriori misure di compensazione nazionali per garantire l’attuale livello di protezione dei salari. I colloqui tecnici su queste misure proseguono attualmente con il coinvolgimento delle parti sociali e dei Cantoni. Con il pacchetto complessivo si punta a salvaguardare in maniera sufficiente l’attuale livello di protezione delle condizioni salariali e lavorative.
Le indennità per le spese sostenute durante i distacchi variano a seconda dell’impiego e vengono calcolate caso per caso. Non è quindi possibile dare una risposta generale a questa domanda. Tuttavia, va notato che nel 2022 la quota di occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori distaccati dall’UE rappresentava solo lo 0,15% del volume totale di lavoro in Svizzera, il che significa che la questione della regolamentazione dei rimborsi spese avrebbe riguardato solo questa percentuale.
Aiuti di Stato / Servizio pubblico
Gli aiuti di Stato avvantaggiano finanziariamente determinate aziende e possono pertanto causare distorsioni della concorrenza. Questa tipologia di sovvenzioni include, per esempio, sovvenzioni a favore di certe imprese o altri vantaggi finanziari quali prestiti a condizioni vantaggiose, garanzie statali, agevolazioni fiscali ecc.
Le disposizioni sugli aiuti di Stato sono previste solo quando sono pertinenti, come nel caso di questi tre accordi (energia elettrica, trasporto aereo, trasporti terrestri).
Non nel caso, però, dell’Accordo agricolo, dove entrambe le parti organizzano la loro politica agricola in modo indipendente. Ciò significa che i pagamenti diretti svizzeri, che tengono conto delle specificità della Svizzera, rimarrebbero consentiti e la Svizzera continuerebbe a decidere autonomamente al riguardo.
Trattandosi di vantaggi finanziari che favoriscono determinate imprese o determinati settori produttivi, gli aiuti di Stato possono distorcere la concorrenza.
In specifiche circostanze, tali aiuti sono però giustificati da interessi pubblici superiori, per esempio quando concernono la promozione di innovazioni o di tecnologie ecologiche. In questo caso, l’utilità sociale di tali aiuti può essere considerata più elevata di qualsiasi distorsione della concorrenza che ne deriva.
Per questo motivo, la normativa UE sugli aiuti di Stato contempla per esempio numerose eccezioni, soprattutto nell’ambito del servizio pubblico.
Nel campo di applicazione dell’Accordo sul trasporto aereo esistono già regole sugli aiuti di Stato paragonabili al diritto dell’UE, come pure un sistema per il monitoraggio di tali aiuti. Questo monitoraggio sarà ulteriormente incrementato in futuro.
Gli accordi sui trasporti terrestri e sull’energia elettrica conterranno sia norme sostanziali sugli aiuti di Stato sia un monitoraggio svolto da un’autorità svizzera indipendente e da tribunali svizzeri. Si tratta di una novità rispetto a oggi. Inoltre, si crea trasparenza sulla spesa del denaro pubblico nei tre settori (trasporti terrestri/aerei ed energia elettrica), allo scopo di salvaguardare, per quanto necessario, gli aiuti esistenti.
Sì. Anche nell’ambito dell’approccio «a pacchetto» quest’offerta non sottostà in toto e di per sé alla normativa UE sugli aiuti di Stato.
Rilevante è il campo d’applicazione degli accordi di accesso al mercato interno siglati tra Svizzera e UE, contenenti disposizioni in materia di aiuti di Stato. Verrebbero dunque presi in considerazione unicamente i settori dell’energia elettrica, del trasporto aereo e dei trasporti terrestri. Le disposizioni in materia di aiuti di Stato troverebbero applicazione solo all’interno di questi ambiti.
Il servizio pubblico resterebbe possibile anche nel quadro di tali accordi, poiché non tutte le misure di sostegno sono «aiuti di Stato» (p. es. ove non vi sia alcuna attività imprenditoriale o non si prevedano effetti transfrontalieri sul commercio).
Inoltre, la normativa UE sugli aiuti di Stato prevede un elevato e complesso numero di eccezioni, soprattutto nell’ambito dei «servizi d’interesse economico generale» (p. es. servizi di emergenza, ospedali, custodia di bambini, edilizia sociale ecc.).
Le misure di sostegno statali dovrebbero essere possibili ed essere attuate quando il mercato non funziona. In caso contrario, è anche nell’interesse di una Svizzera competitiva minimizzare le distorsioni della concorrenza provocate da queste misure. In tale ottica, un monitoraggio degli aiuti di Stato può essere utile.
- Nelle relazioni con l’UE, la questione del servizio pubblico si pone solo in presenza di un accordo di accesso al mercato interno con disposizioni in materia di aiuti di Stato.
- Nei settori quali l’istruzione pubblica, la custodia di bambini, l’edilizia sociale, la cultura o lo sport non esiste un accordo di questo tipo. L’approccio «a pacchetto» non tange pertanto il servizio pubblico in questi ambiti.
- Anche la normativa UE sugli aiuti di Stato contempla numerose eccezioni, soprattutto nell’ambito del servizio pubblico (nell’UE denominato settore dei «servizi d’interesse economico generale»).
- Sì, l’autonomia fiscale sarebbe garantita: ogni Cantone e ogni Comune potrebbe continuare ad avere il proprio sistema fiscale.
- Tuttavia, se all’interno di questo sistema venissero per esempio concesse agevolazioni fiscali selettive a singole imprese, queste agevolazioni potrebbero rappresentare un aiuto di Stato, che potrebbe non essere compatibile con la normativa sugli aiuti di Stato dell’UE.
- Anche in tal caso, comunque, dovrebbe essere interessato un ambito in cui la Svizzera e l’UE abbiano concluso un accordo che preveda disposizioni in materia di aiuti di Stato.
- No. Il trasporto strettamente nazionale («servizio pubblico»), ovvero che riguarda esclusivamente il territorio svizzero, non è coperto dall’Accordo sui trasporti terrestri.
- Le disposizioni in materia di aiuti di Stato potrebbero eventualmente essere applicate solo nell’ambito dell’attuale campo di applicazione dell’Accordo, cioè nel trasporto internazionale (di merci e passeggeri) su strada e su rotaia.
- Inoltre, la normativa UE sugli aiuti di Stato contempla numerose eccezioni e motivi giustificativi per la concessione di aiuti di Stato, per esempio per gli indennizzi del trasporto pubblico, per la promozione del trasferimento del traffico merci dalla strada alla rotaia ecc.
Sì. Il pacchetto non tange né le garanzie statali per le banche cantonali né quelle per le assicurazioni di immobili. In questi ambiti non esistono accordi di accesso al mercato interno dell’UE.
Trasporti terrestri
Da tempo i lavori su alcuni dossier nel settore dei trasporti terrestri sono in una situazione di stallo a causa delle irrisolte questioni istituzionali e non è stato possibile negoziare le necessarie modifiche all’Accordo sui trasporti terrestri.
In particolare si tratta dei seguenti dossier: piena attuazione del pilastro tecnico del quarto pacchetto ferroviario dell’UE, che prevede procedure di omologazione semplificate per il materiale rotabile nel trasporto internazionale, adesione della Svizzera all’Agenzia ferroviaria europea (ERA) e modernizzazione della tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni (TTPCP).
Con l’apertura del mercato del trasporto ferroviario internazionale di passeggeri, le imprese dell’UE potrebbero offrire servizi di trasporto verso la Svizzera per proprio conto e a proprio nome, compreso il «cabotaggio come attività accessoria» (p. es. Berlino-Francoforte-Friburgo-Basilea-Berna), senza essere obbligate a collaborare con imprese ferroviarie svizzere. Queste ultime potrebbero fare lo stesso all’estero nei Paesi dell’UE.
Le collaborazioni tra le FFS e le società ferroviarie dei Paesi dell’UE potrebbero però essere portate avanti e ampliate anche in caso di apertura del mercato del trasporto ferroviario internazionale di passeggeri. Ciò vale nella maggior parte dei casi anche all’interno dell’UE (in tutti gli Stati confinanti con la Svizzera). La Svizzera manterrà la competenza per quanto concerne l’assegnazione delle tracce ferroviarie sul proprio territorio. La priorità dell’orario cadenzato e l’integrazione delle tariffe sarebbero garantiti anche in caso di apertura del mercato del trasporto ferroviario internazionale di passeggeri.
Al momento del rilascio di concessioni e autorizzazioni, la Svizzera potrebbe inoltre fissare standard sociali favorevoli per il personale di tutte le imprese ferroviarie (svizzere e dell’UE, p. es. Flixtrain). Sarebbe possibile continuare a controllare il rispetto delle condizioni salariali e lavorative usuali in un determinato luogo e per il settore in questione.
- in Svizzera il peso massimo autorizzato per i veicoli pesanti continuerebbe a essere di 40 tonnellate;
- nel trasporto stradale, con veicoli immatricolati all’estero si potrebbero continuare a offrire solo trasporti internazionali di passeggeri e merci e non trasporti in partenza e con destinazione in Svizzera (divieto di cabotaggio);
- sarebbe mantenuto il divieto per i veicoli pesanti di circolare la notte e di domenica;
- sarebbe salvaguardata l’Iniziativa delle Alpi (nessun aumento della capacità stradale attraverso le Alpi);
- l’UE accetterebbe la TTPCP con tariffe massime definite.
Una volta risolte le questioni istituzionali, la Svizzera recepirebbe in maniera dinamica gli sviluppi del diritto dell’UE. Sarebbero però salvaguardate le seguenti importanti eccezioni:
- le compagnie ferroviarie straniere potrebbero essere obbligate ad aderire all’integrazione tariffaria (1 biglietto per 1 viaggio, riconoscimento degli abbonamenti);
- verrebbe data la priorità al traffico passeggeri secondo l’orario cadenzato;
- poiché il trasporto che si svolge solo sul territorio nazionale (a lunga distanza, regionale e locale) non rientra nel campo di applicazione dell’Accordo sui trasporti terrestri, il servizio pubblico non sarebbe interessato dai negoziati.
L’orario cadenzato e l’integrazione tariffaria sono importanti conquiste del sistema ferroviario svizzero e in quanto eccezioni sarebbero protette dal recepimento dinamico del diritto dell’UE. Le soluzioni istituzionali non dovranno compromettere la qualità del trasporto pubblico svizzero.
L’eventuale apertura del mercato del trasporto ferroviario internazionale di passeggeri avverrebbe in modo controllato:
La Svizzera potrebbe continuare a imporre alle imprese di trasporto, svizzere e straniere, il rispetto di determinati requisiti a vantaggio del personale (salari in linea con gli standard locali e di settore, condizioni di lavoro) e potrebbe verificare il rispetto delle condizioni salariali e lavorative usuali in un determinato luogo e per il settore in questione.
Il servizio pubblico riguarda unicamente il trasporto sul territorio nazionale (a lunga distanza, regionale o locale), che non rientra nel campo di applicazione dell’Accordo sui trasporti terrestri ed è escluso dai negoziati. La normativa UE sugli aiuti di Stato non si applicherebbe dunque all’ambito del servizio pubblico.
Tale normativa contempla inoltre numerose eccezioni e motivi giustificativi per la concessione di aiuti di Stato, per esempio per gli indennizzi del trasporto pubblico, per la promozione del trasferimento del traffico merci dalla strada alla rotaia ecc.
Le imprese di trasporto ferroviario estere necessitano, tra le altre cose, di una concessione o di un’autorizzazione federale per poter effettuare il trasporto commerciale di passeggeri in Svizzera: concessione o autorizzazione che possono essere ottenute solo se si dispone della relativa traccia (diritto di utilizzazione). In tale ambito si applica la procedura di assegnazione delle tracce prevista dalla legislazione vigente, ossia: l’impresa di trasporto ferroviario richiede una traccia presso il Servizio di assegnazione delle tracce (tvs.ch), che esamina la richiesta e decide in base alle priorità stabilite dalla legge. In questo caso, la priorità è data al traffico viaggiatori cadenzato. Per i diversi generi di trasporto (traffico viaggiatori, traffico merci) viene riservato un numero minimo di tracce (programma di utilizzazione della rete). Se il Servizio di assegnazione delle tracce rileva conflitti tra due richieste, cerca una soluzione di comune intesa. Infine, la traccia viene assegnata.
Le tracce per le FFS e per le altre imprese di trasporto ferroviario svizzere non sarebbero a rischio, poiché la priorità è data al traffico viaggiatori cadenzato. Le FFS sono titolari di una concessione per il traffico ferroviario a lunga distanza valida fino al 2029 e dispongono quindi delle relative tracce. L’offerta di trasporto nel traffico regionale viaggiatori è ordinata congiuntamente dalla Confederazione e dai Cantoni ed è protetta in quanto traffico cadenzato. Non è legalmente possibile revocare a un’impresa di trasporto ferroviario una traccia che le è stata garantita.
Trasporto aereo
Una o due volte all’anno, la Svizzera recepisce gli sviluppi normativi nel settore del trasporto aereo mediante una decisione del Consiglio federale. Si tratta essenzialmente di modifiche di natura tecnica, che con il recepimento dell’atto normativo nell’allegato all’Accordo sul trasporto aereo sono direttamente applicabili in Svizzera.
In cambio, la Svizzera prende parte a diversi comitati dell’UE e può contribuire con le sue conoscenze specialistiche all’evoluzione della legislazione.
Si può presumere che la concessione dei diritti di cabotaggio sarà sbloccata durante i negoziati con l’UE.
La partecipazione a SESAR 3 – un partenariato europeo per la modernizzazione della gestione del traffico aereo – è legata all’associazione della Svizzera a Orizzonte Europa. Alla fine di marzo del 2024 la Svizzera e la Commissione europea hanno avviato negoziati incentrati su una partecipazione più sistematica del nostro Paese ai programmi dell’UE. Tali colloqui riguardano anche l’associazione della Svizzera al pacchetto Orizzonte 2021-2027.
Accordo sull’abolizione degli ostacoli tecnici al commercio (MRA)
- La Svizzera continuerà a fare pressione per un rapido aggiornamento dell’MRA, in particolare per quanto riguarda i dispositivi medici.
- L’aggiornamento resta importante per la sicurezza dell’approvvigionamento dei dispositivi medici in Svizzera, ma anche per evitare inutili costi amministrativi alle imprese.
- L’integrazione degli elementi istituzionali nell’MRA dovrebbe consentire aggiornamenti regolari in futuro.
- Le imprese si sono adattate effettivamente in tempi brevi. A tal fine, però, i produttori svizzeri hanno dovuto aprire filiali nell’UE ed è stato necessario rietichettare tutti i prodotti con i nomi e i dati di contatto delle persone responsabili.
- 1200 produttori stranieri (su 5000) hanno deciso di non rifornire il mercato svizzero.
- I certificati di prodotto rilasciati in Svizzera non sono più riconosciuti. È necessaria una certificazione nell’UE, ma mancano le risorse. L’attuale mancanza di certezza del diritto in Svizzera ha un impatto negativo sulle decisioni di investimento.
L’aggiornamento dell’MRA consentirebbe di evitare inutili costi amministrativi per le imprese e contribuirebbe a migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento di dispositivi medici in Svizzera.
Nell’UE è pendente l’adozione formale della direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, CSDDD): l’accordo in sede di trilogo è stato raggiunto il 14 dicembre 2023, ma l’adozione in seno al Consiglio europeo il 28 febbraio 2024 non è stata possibile anche a causa dell’opposizione da parte della Germania. La direttiva stabilisce obblighi di diligenza e norme sulla responsabilità delle imprese che superano una certa dimensione. Le norme si applicheranno anche alle imprese di Paesi terzi, come la Svizzera, che realizzano un determinato fatturato sul mercato UE. Inoltre, nel gennaio del 2023 è entrata in vigore nell’UE la nuova direttiva per quanto riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive; CSRD), che ha esteso gli obblighi di rendicontazione esistenti e si applica anche alle imprese di Paesi terzi che superano una certa soglia.
La Svizzera non ha una normativa equivalente. Al momento sono in corso accertamenti per chiarire gli effetti della CSDDD sulle imprese svizzere e non è ancora definito come la direttiva sarà gestita dalla Svizzera. Per quanto riguarda la CSRD, a settembre del 2023 il Consiglio federale ha stabilito i punti chiave di un progetto da porre in consultazione (cfr. CS). Il testo dovrebbe basarsi, nei contenuti, sulla CSRD ed essere adottato a metà del 2024.
Non c’è un legame diretto tra l’MRA e la CSDDD e la CSRD. L’MRA consente il riconoscimento reciproco delle valutazioni di conformità per i prodotti industriali in 20 settori chiaramente definiti, non è uno strumento generico per stabilire l’equivalenza delle normative svizzere e unionali. Né la CSDDD né la CSRD impediscono l’aggiornamento dell’MRA.
Dialogo politico
L’approccio bilaterale tra la Svizzera e l’UE ha visto un forte sviluppo negli ultimi decenni e oggi si compone di molteplici accordi. Il dialogo politico ad alto livello (ossia a livello ministeriale) ha lo scopo di fornire una visione d’insieme a livello politico e di coordinare le relazioni bilaterali tra la Svizzera e l’UE. In materia di politica estera e di sicurezza esiste già un dialogo politico, che sarà mantenuto e intensificato separatamente.
Per i singoli accordi esistono comitati misti settoriali. Si tratta di organi piuttosto tecnici, che non saranno sostituiti bensì integrati dal dialogo politico e che manterranno le attuali competenze.
Il dialogo politico ad alto livello integra lo scambio settoriale nell’ambito dei comitati misti e serve a coordinare le molteplici relazioni tra la Svizzera e l’UE. Una visione strategica complessiva è fondamentale per stabilizzare e sviluppare ulteriormente l’approccio bilaterale.
Dialogo finanziario (DFF)
La Svizzera è una piazza finanziaria europea attiva a livello globale. Un dialogo con l’UE sulle questioni relative alla regolamentazione dei mercati finanziari è quindi importante e consente di discutere questioni normative di interesse comune.
Un tema cruciale è quello delle condizioni per le attività transfrontaliere, per esempio delle banche. Il settore finanziario svizzero si preoccupa di migliorare le condizioni quadro e gli approcci praticabili per le operazioni bancarie a livello transnazionale all’interno dell’UE.
No, al momento non è al vaglio un accordo completo sui servizi finanziari.
Contributo svizzero
I negoziati hanno lo scopo di creare, da una parte, i presupposti per un contributo regolare svizzero e, dall’altra, le basi concrete per il prossimo contributo della Svizzera.
L’ammontare del prossimo contributo svizzero potrà essere stabilito soltanto dopo che l’accordo sarà stato negoziato come parte del pacchetto complessivo. L’importo del contributo è una decisione politica, come lo è stato anche l’esito dei negoziati con l’UE sul contributo di coesione della Norvegia. Diversamente da quanto previsto per Schengen, dove la chiave di ripartizione dei versamenti è legata al PIL, il futuro contributo non sarà basato su una formula matematica.
Il primo contributo svizzero (contributo all’allargamento) ammonta a circa 1 miliardo CHF, il secondo a circa 1,3 miliardi CHF; entrambi coprono un periodo di 10 anni ciascuno. A titolo di paragone si tenga presente che il volume degli scambi tra la Svizzera e l’UE in un giorno feriale è di circa 1 miliardo CHF.
Il nuovo meccanismo e il futuro contributo svizzero dovrebbero essere pronti per il prossimo periodo finanziario dell’UE. Tuttavia, nel definire il contributo svizzero bisognerebbe tenere conto del fatto che, nel frattempo, la collaborazione tra la Svizzera e l’UE dovrebbe essersi intensificata (parola chiave «modus vivendi»). Di conseguenza, a livello pratico, il prossimo contributo svizzero dovrebbe essere aumentato una tantum per tenere conto retrospettivamente anche del periodo tra la fine del 2024 e l’inizio del nuovo meccanismo.
Dal 2007, la Svizzera concorre a ridurre le disparità economiche e sociali nell’UE e a gestire i flussi migratori. Il contributo è quindi da molti anni parte integrante della politica europea del nostro Paese.
La Svizzera può così dare sostegno alla coesione e alla stabilità in Europa e fornire un apporto concreto al superamento delle sfide comuni.
Il contributo è un investimento nella sicurezza e nella prosperità europee, rafforza le relazioni con i Paesi partner e promuove la coesione e il funzionamento del mercato interno comune. Tutto ciò è anche nell’interesse della Svizzera.
La stabilità e la coesione sono due fattori importanti per garantire il buon funzionamento del mercato interno dell'UE. La Svizzera, che partecipa a questo mercato su base settoriale, ha tutto l'interesse a garantirne il buon funzionamento. Dal 2007 contribuisce a ridurre le disuguaglianze economiche e sociali all'interno dell'UE e a gestire i movimenti migratori. In questo modo, investe nella sicurezza e nella prosperità dell'Europa.
Sì. Oltre alla Svizzera, ci sono soltanto tre Paesi terzi che – in misura molto maggiore – partecipano al mercato interno dell’UE: gli Stati dell’Associazione europea di libero scambio (AELS)/SEE, ovvero Norvegia, Islanda e Liechtenstein. Questi versano regolarmente un contributo alla coesione nell’UE come parte del cosiddetto «meccanismo di finanziamento SEE», così come prescritto dall’Accordo SEE.
La struttura esatta del nuovo meccanismo sarà oggetto dei negoziati con l’UE. Tuttavia, il rispetto dei valori europei e dei principi dello Stato di diritto riveste già ora un’importanza fondamentale per la Svizzera nell’ottica dell’attuazione del contributo.