19.08.2025

Address by Federal Councillor Ignazio Cassis, Head of the Federal Department of Foreign Affairs (FDFA) on the occasion of the 2025 Ambassadors and International Network Conference – Check against delivery

Speaker: Head of Department, Ignazio Cassis

Signor Vice Primo-Ministro e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale,
Stimate collaboratrici e stimati collaboratori,
Rappresentanti della stampa,
Signore e Signori,

Anche se ci troviamo nel cuore delle Alpi, permettetemi di iniziare dal mare. Dal Mare Nostrum. Il Mediterraneo. Da sempre bacino di trasformazioni potenti, con una forza d’urto capace di investire l’Europa intera e oltre.

Pensiamo all’universalità del diritto romano, alla polis greca e alla democrazia, o al Rinascimento e alle esplorazioni che allargarono il mondo. Ma anche alle stratificazioni di civiltà, alle correnti migratorie, ai traffici illeciti.

C’è un vento che arriva dal Sud e che ci interpella. Un vento portatore di novità, talvolta inquietanti, ma inevitabilmente decisive. Vorrei soffermarmi un momento su questo vento.

Caro Antonio, la tua presenza oggi è un gesto di amicizia reciproca – dopo l’invito dello scorso anno agli Stati Generali della Diplomazia italiana – ma ha anche un profondo significato politico.

È l’occasione per valorizzare un patrimonio comune: l’italianità, che anche in Svizzera ci appartiene.

Ed è l’occasione per riflettere insieme su un cambiamento epocale della democrazia, che ancora una volta scaturisce dal Mediterraneo.

La pluralità come vantaggio

L’Italia è il nostro secondo partner commerciale in Europa e il quarto a livello mondiale. Condividiamo la frontiera più lunga, e la comunità italiana in Svizzera è la più numerosa. Eppure, per molto tempo, l’Italia è stata percepita come un vicino distante e spesso problematico.

Negli ultimi anni abbiamo voltato pagina. Abbiamo “svuotato i cassetti” dalle questioni pendenti. Abbiamo rafforzato la collaborazione ministeriale e consolidato rapporti di fiducia. La visita di Stato del Presidente Mattarella nel 2022 ha segnato un momento culminante, che si riflette oggi in una cooperazione diretta ed efficace.

Questi risultati non si comprendono senza il fattore culturale.

La pluralità della Svizzera – e il fatto che essa sia rappresentata nelle istituzioni – è un potente vantaggio: ci lega ai nostri vicini, ci insegna a tener conto di punti di vista diversi, ci abitua al compromesso.

Il fatto che oggi l’italianità sia parte integrante anche del Governo federale rafforza lo sguardo verso Sud, verso quel Mediterraneo che continua a modellare la nostra storia – anche quando noi non lo guardiamo.

Il vento da Sud

Negli anni ’90, osservavo dal Ticino la nascita della Lega Nord e l’ascesa di Forza Italia, con i loro leader carismatici capaci di interpretare in modo nuovo fenomeni sociali profondi. Stessa situazione d’altronde in Ticino, dove nasceva la Lega dei Ticinesi.

Erano i primi segnali di un fenomeno che le élite e i media avrebbero poi chiamato – con malcelata sufficienza – populismo. Ma da oltre cent’anni sappiamo che il populismo non è una malattia, bensì il sintomo di democrazie giovani o affaticate. La vera malattia è il crescente distacco tra cittadini e istituzioni.

Quell’onda nata nel Mediterraneo ha nel frattempo attraversato le Alpi, investito l’interno continente europeo e ha varcato l’Atlantico.

Il Mediterraneo è sempre stato un incubatore politico: crisi economiche, pressioni migratorie, disorientamento identitario vi anticipano dinamiche che poi si propagano in tutta Europa.

Una nuova era

Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, si pensava che la democrazia liberale fosse destinata a trionfare ovunque, con il multilateralismo a far da garante. Si parlò di “fine della storia”.

Oggi sappiamo che quella era un’illusione. Non siamo alla fine della storia, ma all’inizio di una nuova era, segnata da regole incerte e da profonde trasformazioni.

Il 2024 è stato un banco di prova: oltre un miliardo e mezzo di elettori hanno votato in 73 paesi. Partecipazione massiccia, ma risultati che raccontano sfiducia verso le istituzioni.

Come ha scritto Alexis de Tocqueville, “il più grande pericolo per le democrazie è credere di essere immortali”.

I fuochi di violenza che divampano ovunque ci mostrano fin troppo bene – con una crudezza onnipresente e insopportabile – la fatica del sistema che doveva fare da garante.

C’è chi è nel mezzo della frattura. C’è chi la argina. E c’é chi, come l’Italia – da dove il vento del cambiamento è soffiato – è già entrato in una fase successiva. Paradossalmente, il Mediterraneo appare oggi come una delle zone relativamente più stabili del continente europeo.

Anche la Svizzera si interroga. La crisi del modello tradizionale non significa la fine della democrazia, ma la sua metamorfosi. E noi, diplomatici e responsabili politici, dobbiamo saper interpretare, accompagnare e idealmente modellare questa trasformazione.

Non basta descrivere il cambiamento. Occorre integrarlo nel nostro modo di lavorare, mantenendo fermi i principi: servire la Costituzione, rappresentare il Paese come espresso dalle sue istituzioni e dai suoi cittadini. Con discrezione, modestia e lealtà – qualità tanto preziose quanto fragili.

Signore e Signori,

la nostra missione resta immutata: annusare i cambiamenti, intuirne le conseguenze, tradurli in azione diplomatica.

In un tempo in cui il vento del Mediterraneo soffia forte e l’ordine mondiale vacilla, è più che mai essenziale ricordarci che la forza della diplomazia non sta nel volume della voce, ma nella capacità di ascoltare, mediare, costruire ponti.

La forza silenziosa dei ponti costruiti resiste più a lungo del rumore delle tempeste.

Vi ringrazio.


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Last update 29.01.2022

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