Articolo, 12.03.2012

La DSC e il WWF, in collaborazione con il gruppo interdipartimentale IDANE Acqua, hanno pubblicato il primo rapporto sull'impronta idrica della Svizzera, dal quale è emerso che l'82 per cento dell'acqua necessaria per produrre l'insieme dei beni e dei servizi consumati nel nostro Paese proviene dall'estero. Il rapporto sottolinea la corresponsabilità della Svizzera nella gestione sostenibile delle acque a livello planetario e formula una serie di raccomandazioni.

Il consumo medio di ogni cittadino svizzero è di 162 litri al giorno, ma tale quantità si riferisce soltanto ai bisogni diretti, ovvero bere, cucinare e svolgere lavori domestici. Occorre poi aggiungere l'«acqua virtuale», vale a dire l'acqua necessaria per produrre l'insieme dei beni e dei servizi consumati. Per produrre un chilogrammo di riso, ad esempio, occorrono 2500 litri d'acqua, mentre per un chilogrammo di cotone ne servono 10'000. Considerando anche l'acqua virtuale, si arriva a un consumo totale di 4187 litri al giorno per abitante.

Che cos'è l'impronta idrica

L'impronta idrica, o Water Footprint in inglese, è una misura del consumo d'acqua che può essere calcolata sia per singoli individui che per imprese, città e Paesi. Tale misura comprende l'utilizzo diretto dell'acqua e anche il suo consumo indiretto, ovvero quello necessario per produrre l'insieme dei beni e dei servizi consumati. Per produrre un chilogrammo di frumento occorrono ad esempio 1300 litri d'acqua, per un chilogrammo di formaggio 5000 litrie per un chilogrammo di carne di manzo 15'400 litri.

Massiccia importazione indiretta di acqua

Il rapporto sull'impronta idrica - o Water Footprint - della Svizzera, stilato dalla DSC e dal WWF, evidenzia non soltanto la quantità ma anche l'origine dell'acqua necessaria per soddisfare i bisogni del consumatore svizzero. Nei calcoli sono dunque compresi i beni e i servizi importati dall'estero e il relativo fabbisogno idrico. Soltanto il 18 per cento degli 11 miliardi di litri d'acqua che costituiscono l'impronta idrica della Svizzera proviene da sorgenti proprie, mentre l'82 per cento viene importato dall'estero.

Quando l'impronta idrica diventa problematica

Gli autori del rapporto precisano tuttavia che un'impronta idrica elevata non è, di per sé, drammatica. Il problema è costituito dal prelievo di acqua da regioni che presentano un bilancio idrico negativo o che risentono di una gestione non sostenibile delle proprie risorse. A tale proposito, nel rapporto vengono elencati sei grandi bacini idrici da cui la Svizzera importa i prodotti e che sono caratterizzati da forti carenze d'acqua. Tra questi figurano i bacini del Gange, dell'Eufrate e del Nilo.

Come procedere allora?

Secondo i ricercatori che hanno partecipato allo studio, adottare misure volte a limitare l'importazione di beni e servizi provenienti dalle regioni sotto stress idrico sarebbe un errore. Spesso, infatti, le popolazioni di queste regioni sono più povere di quelle dei Paesi dove l'acqua scorre in abbondanza. Boicottare i loro prodotti aggraverebbe le loro condizioni di vita senza risolvere in modo duraturo la problematica dell'acqua.

È invece necessario che gli attori locali si orientino verso una gestione sostenibile delle loro risorse idriche e la Svizzera può accompagnarli in questo processo, in particolare attraverso i suoi programmi di cooperazione. Anche le imprese svizzere che importano prodotti da queste regioni condividono tale responsabilità. Le più progressiste hanno d'altronde già avviato attività di valutazione e di gestione dei rischi adottando anche apposite misure.

Per la DSC anche la Svizzera deve proseguire nel proprio impegno, sia esso nell'ambito del dialogo politico internazionale o nella ricerca di soluzioni innovative per una gestione sostenibile del bene più prezioso che abbiamo sul nostro pianeta.

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Ultima modifica 19.07.2023

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